Prima del Torcolato, tutto pronto a Breganze per la spremitura della Vespaiola
A Breganze domenica 21 gennaio è programmata la Prima del Torcolato un appuntamento dedicato alla prima spremitura in pubblico dell’uva...
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Il Verdicchio di Matelica sta vivendo, finalmente, la sua stagione felice, quella in cui il vino di tradizione diventa davvero forza propulsiva. Tra cambio denominazione dalla vendemmia 2024, forse, e incremento degli investimenti su enoturismo e strategie di marketing mirate, stavolta per davvero, il bianco delle montagne marchigiane ha davanti a sé un futuro importante da vivere.
Cambi di rotta il Verdicchio di Matelica, in questi anni, ne ha fatti diversi, però con un obiettivo chiaro da raggiungere, fare sempre meglio e trasmettere più identità in bottiglia. Per concretizzare tutto questo ci sono voluti tempi e maturità importante, soprattutto per affrontare un cambio di passo ormai inevitabile, trasformare il Verdicchio di Matelica Doc e Docg in Matelica Doc Verdicchio e Matelica Riserva Docg Verdicchio. A farsi avanti, probabilmente dalla vendemmia 2024, sarà il territorio e poi il vitigno, ulteriore attestato di garanzia per il consumatore. Una possibilità che sarebbe dovuta diventare realtà durante la vendemmia 2023 ma, al momento, sembra spostarsi in avanti di un anno e poi chissà. Al netto del classico marasma burocratico all’italiana che non guasta mai, il Verdicchio vuole “contare” con i fatti. Ma come mai una denominazione così piccola, con un’estensione territoriale ridotta, può suscitare così tanto appeal? Perché è tra i bianchi rivelazione delle Marche per caratteristiche gustative e longevità, un vero e proprio sunto di tutto ciò che le montagne marchigiane vogliono rappresentare a tavola e al calice.
Il Verdicchio di Matelica è duro e puro, senza tanti compromessi. Un vino che ha saputo farsi strada all’estero con importanti percentuali in termini di export (45% verso Usa e Uk principalmente, a seguire c’è il centro e l’est Europa) oggi vuole farsi strada anche nei mercati più complicati, tra cui quello italiano che saluta con favore gli autoctoni di fascia premium.
Ma perché il Verdicchio non ha saputo farsi giustizia già tempo fa? Purtroppo dietro questo vino c’è una storia non sempre rosea, non sempre lineare e di successo. Il tutto è riassumibile con un’espressione dell’enologo e direttore generale di Cantina Belisario, Roberto Potentini “Semplice, siamo stati ricchi negli anni in cui c’è stata la differenza da fare”. Così inizia ad illustrare il mondo del Verdicchio legato a doppio filo con la solita storia all'italiana. “Ci troviamo in un fazzoletto di terra con un’estensione di circa 20 chilometri, nel cuore dell’Alta Vallesina, in cui sono compresi i comuni di Matelica, Esanatoglia, Gagliole, Castelraimondo, Camerino e Pioraco nella provincia di Macerata, Cerreto D'Esi e Fabriano in quella di Ancona. Questo è il territorio del Verdicchio che si intreccia con la storia di Enrico Mattei e Aristide Merloni, protagonisti nell’epoca dell’industrializzazione marchigiana. Sono loro ad aver svuotato il territorio di forza lavoro destinata alla terra portandola verso le fabbriche - dice l’enologo – Di ricchezza ne è stata creata tanta, ma qui, nella terra del Verdicchio di Matelica sono nati i metalmezzadri degli anni Settanta, cioè gli operai che hanno relegato i vigneti a una produzione casalinga”.
Sebbene nel 1967 il Verdicchio di Matelica si dava già delle regole come doc (tra le prime d’Italia) i contadini non ci pensavano proprio a sviluppare il territorio sotto l’ambito vitivinicolo anzi lo vedevano come un ripiego o qualcosa da cui fuggire “Nel frattempo le Langhe iniziavano a cogliere questa opportunità, così come hanno fatto altre denominazioni ora di successo” ne fa un esempio Potentini. A creare una parabola discendente è stata la crisi industriale degli ultimi trent’anni che ha colpito anche le Marche. Gli operai, ormai ben lontani dalla terra, hanno dovuto o voluto reinventarsi sotto il segno del Verdicchio che “sollecitando il sano edonismo gastronomico” ed ecco come le campagne si sono ripopolate, quei casolari abbandonati in collina riprendono vita potenziate per essere al passo con i tempi, rigorosamente bio per la maggior parte. Una vera e propria rivoluzione al contrario che abbandona il tempo ingrato dell’autoconsumo.
Il Verdicchio di Matelica si è riscoperto come bandiera. Piace e conquista i mercati non solo esteri, in cui fa da padrone per prezzi fin troppo bassi a volte, ma non esclude L’Italia del vino, ora sempre più interessata alle Marche. Sull'argomento proprio l’IMT (Istituto Marchigiano Tutela Vini) promuove campagne volte ad esaltare le 16 denominazioni facenti parte del consorzio, Verdicchio di Matelica compreso. Una sorta di quadrato attorno al vigneto Marche che ha l'obiettivo di non disperdere un patrimonio fatto di produttori ed aziende.
A rappresentare continuità, tradizione, cambi di carriera e di sogni da inseguire, c’è l’Associazione Produttori del Verdicchio di Matelica a contare. A Umberto Gagliardi a capo, produttore matelicese docg, si affiancano produttori che hanno saputo fare del Verdicchio una ragione di vita, con la voglia di voler riportare in alto il nome della denominazione facendosi forza su un prodotto elevato dal punto di vista qualitativo, in grado di competere con varietà blasonate. Ad aggiungersi c’è l’enoturismo che in regione muove passi veloci e decisi. A supporto dell'opera si inserisce l'IMT che funge da direzionamento e quindi, Let’s Marche.
L’enoturismo nelle Marche sta funzionando e i produttori stanno promuovendo con slancio cantine che, in molti casi, sono dei veri rifugi immersi nella sconfinata campagna marchigiana. Le parole d’ordine sono benessere, buon bere e mangiare. Tutte motivazioni che spingono sempre di più turisti consapevoli e ben informati, verso la nuova meta. Let’s Marche è il brand che si posiziona proprio su questo bisogno, lo asseconda e lo soddisfa. Si dimostra infatti, che chi si muove per le vacanze, oggi, unisce il relax alla buona cucina, elementi che qui ci sono tutti. A fare questa è scelta è il 50% degli italiani e gli stranieri seguono a ruota.
Unanime è il coro che vuole un turismo regionale trasversale, che copra le esigenze dei balneari e degli interessati agli itinerari mangerecci. Un trend in costante aumento nelle Marche. I territori più sviluppati verso questo argomento registrano un aumento d’appeal del 30% e il valore dei prodotti marchigiani cresce. Il turista competente che esprime una domanda sempre più sofisticata in fatto di enogastronomia, sceglie le Marche. Per questo motivo politica, consorzi ed enti correlati lavorano e investono per rendere l’offerta commisurata e competitiva, senza mai standardizzarla. Sulla direzione, assicuriamo, il Verdicchio di Matelica sta facendo più che bene.