Vino e Alto Adige- 6 cantine per un’immersione totale nella bellezza
L’essenza dell’Alto Adige è certamente il vino, ma non solo. Qui si nasconde un prezioso patrimonio umano fatto di perseveranza, conoscenza,...
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A quasi dieci anni dall’inizio della Rosè Revolution il Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino tira un po’ di somme in fatto di rosato. Molto è cambiato da allora, dalla percezione del territorio fino al vino che non è più solo un semplice calice stagionale. Il Chiaretto, grazie a un importante lavoro di squadra e ricerca, diventa il viatico per la realizzazione di un progetto a lungo termine mettendo insieme tutte le forze del territorio, coinvolgendo anche i winemaker to be.
Correva l’anno 2014 quando la percezione verso il vino rosa gardesano cambiava e si evolveva. Tra i progetti messi sul tavolo c’era quello più importante, rendere il Chiaretto una vera e propria carta d’identità territoriale. Per fare questo però, c’era bisogno di fermarsi a riflettere, di studiare e, se necessario, invertire la rotta commerciale. Fu così che il consorzio iniziò a disegnare un nuovo tipo di vino da restituire al consumatore di rosato del Garda. Erano gli albori della Rosè Revolution.
Molti furono i progetti messi sul tavolo finalizzati a far meglio, su tutti la modifica del disciplinare che ha visto la luce finalmente nel 2021, mettendo un punto fermo sulle uve da utilizzare. 95% di Corvina al massimo almeno il 5% di Rondinella. Basta con l’impiego di uve internazionali, basta all’immagine di un vino “piacione” ma meno identificativo, basta inseguire le tendenze di mercato con una produzione sempre più isterica e con gli utili ad ogni costo. Una scelta premiante diremmo, quella che ha portato i vignaioli a rivedere la produzione eccessiva, puntando su uno storytelling sempre più efficace perché autentico.
Su questa scia a cambiare sono stati anche gli affinamenti, diventando più lunghi, in modo da dimostrare che il Chiaretto può essere bevuto anche a distanza di tempo e non esclusivamente in gioventù, trasformandosi in una sorpresa capace di reggere anche con i giganti internazionali del rosa. Su tutti la Francia, da cui i produttori veneti di rosè hanno avuto molto da imparare, studiando, confrontando annate e bottiglie. Attenzione perché non si tratta di omologazione, ma di un confronto sano a dimostrazione della potenzialità del Chiaretto.
A questo punto la Pink Revolution fa il suo corso negli anni traducendosi ancor di più in una scelta rosea. Insomma, vincente. A confermare la tendenza sono i numeri del 2022, con 9,9 milioni di bottiglie vendute. A far bene è certamente il canale Horeca che dimostra una nuova attenzione al Chiaretto rinnovato, quindi non più solo la Gdo che resta pur sempre una certezza. Il tutto si traduce con una crescita in termini di fatturato del 10%. A confermare un’inversione di tendenza verso il maggiore prestigio è il presidente del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino, Franco Cristoforetti “Sempre più aziende sperimentano in modo da intercettare il mercato Horeca e Gdo, tentando più strade per un prodotto d’appeal. Alcuni investono in un affinamento più lungo, altri in modalità differenti come l’affinamento in anfora o ceramica. La tendenza è arrivare più tardi sul mercato e con un prezzo che sale e tocca un range di prezzo di circa 7 e 10 euro. Il consumatore che si vuole intercettare è chi vuole bere un Chiaretto al giusto prezzo e conoscere il territorio”.
E con lo spumante che si fa? Anche da questo fronte i numeri sembrano confortanti “Oggi le aziende che propongono lo Spumante nella denominazione sono 25, con una produzione annua di 300mila bottiglie. Nel prossimo triennio il Consorzio si prefigge l’obiettivo di sfiorare i 3 milioni di esemplari, distribuendoli nei principali canali di vendita fino a coprire l’intero mercato nazionale”.
Il volume di export, sempre nell’ultimo anno è pari al 60%, con il mercato tedesco in testa, ma con una flessione percettibile che ha rallentato, sia pur di poco, il flusso verso il paese teutonico. Ovviamente ad aprirsi sono sempre nuove possibilità, su tutte quella legata ai mercati scandinavi e nord americani. “I risultati sono misurabili in termini di impegno di tutta la filiera – secondo Franco Cristoforetti - che lavora assieme per comprendere come si evolvono i vini, intercettare le tendenze e fare colpo sul consumatore”.
Il Chiaretto di Bardolino oggi, grazie anche alla Rosè Revolution, è riuscito a rimettersi al timone del territorio viticolo gardesano e i progetti che ruotano attorno al vino rosa sono tanti e ambiziosi, dimostrando una grande sinergia con persone e territorio.
Tra gli obiettivi del consorzio di tutela Chiaretto e Bardolino è quello di uscire con uno spumante, il Chiarè Rosè che ricalca una scelta tradizionale del Chiarè come marchio storico proiettandolo nel futuro. Un metodo Charmat come da tradizione, perché qui di Metodo Classico non se ne può parlare poiché manca la storicità, a detta di Franco Cristoforetti, anche se non è mai detta l’ultima parola. La presentazione del nuovo progetto sposato da sarà al Vinitaly and the city dal 31 marzo al 3 aprile. Secondo il presidente “Con il progetto Chiaré Rosé si avvia lo sviluppo della versione spumantizzata, nata oltre 25 anni fa ma rimasta a lungo circoscritta al solo consumo locale. Ora le bollicine rosa si evolvono e si propongono al grande pubblico grazie anche al successo internazionale del Chiaretto di Bardolino”. Chiaré Rosé è un marchio esclusivo di proprietà del Consorzio di Tutela del Chiaretto e del Bardolino. I player coinvolti nel progetto consortile sono Cadis 1898, Cantine di Verona, Cantine Vitevis, Cantina Caorsa Consorzi Agrari d’Italia e Cantine Delibori.
A catalizzare l’attenzione è anche il progetto delle sottozone che ha sensibilizzato tutti i produttori della zona a selezionare diverse tipologie di vino prodotto in grado di esprimere le differenze che partono dal terreno, anche quelle minime, arrivando a caratterizzare in maniera inequivocabile il vino al calice.
Altro dato importante che caratterizza il progetto a lungo termine del Consorzio di Tutela Chiaretto e Bardolino è certamente la sostenibilità sociale che coinvolge le forze del territorio. Grande la sinergia con le scuole professionali, che formano i futuri addetti di cantina e campagna. Si tratta di ragazzi che si formano prima in classe e poi direttamente sul campo, arrivando al diploma preparati per poter diventare cantinieri, uomini di azione o winemaker a tutti gli effetti. Su tutti c’è l’esempio del CFP Salesiani Bardolino Tusini che proprio in occasione dell’Anteprima del Chiaretto di Bardolino ha presentato la sua prima etichetta prodotta interamente dai ragazzi dai terreni donati ai salesiani. Il Direttore dell’istituto Michele Gandini investe nel progetto dandone una visione a lungo termine “Collaborare insieme per riuscire a dare un futuro ai ragazzi che vogliono spendersi nel mondo del vino è un’ottima opportunità. A fare da sponda c’è anche la collaborazione tra istituzione, aziende. Siamo nel territorio del vino per eccellenza – Continua Gandini - per noi è naturale ripartire dalle radici, quindi dalla vigna, trasformando questo in un vero e proprio lavoro”.