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Gianni Tessari: come vi racconto i miei Piwi ribelli

Uve Solaris

Una storia recente, ancora tutta da scrivere, è quella dei Piwi che si intreccia con il cammino di Gianni Tessari, produttore veneto appassionato. È stato lui, uno dei più curiosi circa la faccenda, ad approcciarsi all’uva Solaris rischiando, ma anche osservando. Dal 2017 la linea di vini Rebellis ne ha fatta tanta di strada e ancora tanta ce n'è da fare.

Tre ballerine di cui una con le scarpe ginniche: questa è l’idea che il produttore vuole portare ai nostri occhi, rivoluzione e cambio di passo, pur restando col tutù. Una scelta raffinata e innovativa che guarda bene al progresso nel campo agricolo e diventa un vantaggio non solo in cantina.

Dove siamo

Vigneti Solaris

Era il 2013 quando, subito dopo l’autorizzazione della coltivazione dei Piwi in Veneto, furono impiantate le prime vigne di Solaris. Un terreno posizionato nella Lessinia, in Valle d’Alpone, a 550 metri di altezza con esposizione a sud est. San Giovanni Ilarione, l’ambiente che veniva definito come “non vocato” per la vigna, diventa teatro di un nuovo modo di fare uva… e vino. Nessun intervento antiparassitario, proprio come giovane tradizione Piwi vuole, e tante giustificate aspettative. Un investimento quasi al buio perché lì, fino a qualche tempo prima, non sarebbe maturato nulla, ma complice l’inevitabile cambiamento climatico, qualcosa è già cambiato.

Per arrivare alla prima vendemmia nel 2017 nulla è stato lasciato al caso, studio e sperimentazione sono all’ordine del giorno. L’Istituto di Ricerca San Floriano, che all’inizio dell’avventura ha saputo accompagnare Gianni Tessari verso questa nuova avventura, è stato un tassello fondamentale per poter fare bene con qualcosa di ancora poco conosciuto come i Piwi. Un’importante testimonianza di come centri di ricerca e istituti agrari siano fondamentali per raggiungere buoni risultati in fatto di sperimentazione.

L’avventura ribelle con il Solaris Gianni ha iniziato a viverla con tutta la curiosità possibile. In Italia erano ancora in pochi ad aver prestato attenzione ai Piwi, se non in Trentino, dove si già si viaggiava a grande velocità in materia, grazie al supporto di enti in grado di valorizzarli. Ma cosa farci con le uve di Solaris? Solo acciaio, legno? Perché non tentare qualcosa di unconventional? Ed ecco come si cerca di mantenere la filiera scevra da interventi invasivi e artificiali dell’uomo procedendo con la fermentazione spontanea sulle bucce e l’utilizzo di lieviti indigeni.

Secondo Gianni è essenziale lavorare tenendo la barra dritta sui valori aziendali, però senza precludersi nulla “Abbiamo immaginato un vino che rappresenti la nostra attitudine alla sperimentazione, uscendo dal solco già tracciato, e che per questa ragione possa rimanere nella memoria di chi lo prova. Siamo inoltre fieri di essere la prima azienda veneta iscritta a PIWI International, l’associazione che promuove lo scambio di informazioni tra istituti di ricerca, allevatori, coltivatori e produttori di vini con queste varietà, per incoraggiarne la diffusione”.

Poche annate, infinite possibilità

Gianni Tessari e Valentina Tessari

Gianni Tessari della prima annata di Rebellis Veneto Bianco IGT, la 2017, ne parla sorridendo e anche col senno di poi “È stata quasi una sfida con me stesso e, probabilmente l’annata più ribelle. La volontà di lavorare dando un prodotto quanto più integralista possibile, quindi niente travaso e altre scelte nette, ha portato ad ottenere un vino aggressivo ed esuberante”. Metodo biologico, ça va sans dire, fermentazione con lieviti indigeni e bucce per 7 giorni. “Lo presentammo al Vinitaly di quell’anno e i pareri a riguardo furono contrastanti, chi ne era entusiasta e chi, invece, proprio no. Oggi, a bocce ferme e con il senso di poi, definirei questa scelta un errore grossolano, ma senza rinnegarlo.”

Un vino chiuso come questo ha lasciato spazio, col tempo, a delle scelte più mature diremmo. A questo punto arriva il 2018 e lo spirito ribelle sembra scalpitare un po’ meno, sembra. La fermentazione con lieviti indigeni sulle bucce si riduce a 5 giorni e si aggiungono circa 10 mesi di affinamento in acciaio. Una scelta di pazienza che porta al Solaris una nuova identità, ingentilita e piacevole.

Il vero cambio di passo c’è stato nel 2019, anno di maturità e maggiore consapevolezza, quando si è deciso di sostituire l’acciaio con l’anfora in terracotta. Il tempo di affinamento non cambia. Il vino in bottiglia è performante e nelle competition nazionali e internazionali si fa notare. Entra nella Top Gold Piwi Award e raggiunge il secondo posto nella prima edizione, nel 2021, della Rassegna dedicata ai vitigni resistenti organizzata dalla Fondazione Edmund Mach. Secondo Gianni “La personalizzazione piace. Se il vino rimane nel bicchiere non può essere quello giusto”.

La 2019 sconta tutte le prime scelte fatte di pancia, quindi meno estremismi, maggiori travasi e meno sosta sulle fecce. Insomma, la ballerina con le scarpe ginniche viene forse addomesticata, ma attenzione, neanche tanto. I pareri anche in questo caso sono stati contrastanti, però ciò è sintomo di dibattito e confronto, quello che Gianni Tessari vuole quando si beve un Rebellis e ci si mette in discussione anche a tavole.

È il 2020 e finalmente arriva la certificazione biologica. Il metodo non cambia e si posiziona terzo, per la categoria orange, nella Rassegna dedicata ai vitigni resistenti di Fondazione Mach del 2022. (I premiati qui)

Oggi e domani

Rebellis

È con la vendemmia 2021, appena imbottigliata, si riprende a sperimentare aumentando a 8 giorni la fermentazione a contatto con le bucce e l’affinamento a 12 mesi in anfore di terracotta. Il vino sembra aver trovato la sua condizione ideale, consapevolmente ribelle, per farsi ricordare. Il 2021 è l’anno della maturità, ma anche della semplicità. Le scelte fatte in cantina sono state dettate dalla salute delle uve e dalla buona annata. Ne viene fuori un concentrato destinato a crescere e per aromi e persistenza al gusto, quindi ci si può davvero divertire. A corredo di questo assaggio il produttore commenta così 8 giorni di fermentazione con le bucce sono stati fortemente voluti e visti come un arricchimento”.

Ad oggi la linea Rebellis conta circa 4000 bottiglie prodotte. A Gianni Tessari abbiamo chiesto cosa succederà a questo progetto in futuro e se i Piwi sono destinati a crescere, ovviamente tenendo conto dei vantaggi relativi alla sostenibilità ambientale ed economica. “Non ho l’ambizione per dire che i Piwi saranno le uve del futuro, però potrebbero esserlo per tutta una serie di situazioni che si portano dietro, una su tutte è la sostenibilità. L’unico limite che potrebbe pregiudicarne o incentivare la crescita saranno le scelte che faranno i consumatori e la comunicazione che si occuperà dello storyteller di ogni prodotto. L’abbattimento di attività inquinanti e la sostenibilità dalla vigna alla bottiglia, però, va sempre ribadita e valorizzata”.

La linea Rebellis come si evolverà? “Abbiamo intenzione di ampliare con i vitigni a bacca rossa e i prossimi anni condurrò nuove sperimentazioni, quindi vedremo come andrà a finire. Il progetto Rebellis, certamente è destinato a continuare sotto la scia della novità”.