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Colli Berici: un motore potentissimo pronto per gareggiare

Colli Berici: un motore potentissimo pronto per gareggiare

Terra, bellezze architettoniche e soprattutto persone, definiscono i Colli Berici, il posto che ha tutte le carte in regola per poter emergere nel panorama viticolo non solo italiano. Tra il Tai Rosso e i Cabernet senza tempo, qui il vino è la forza propulsiva perfetta per competere con i "grandi" rossi e perché no, bianchi.

Alcuni definiscono i Colli Berici come una scommessa, altri invece una certezza ma chi conosce davvero le potenzialità del territorio li racconta come un motore potentissimo pronto per dare il massimo. Forse per iniziare questo racconto non c’è figura migliore, una forza propulsiva che rende il Veneto una terra d’elezione quando si parla di lavoro e vigna.

Siamo appena fuori da Vicenza, dove tra la Val Liona e la Valle di Fimon la lingua parlata è quella del grenache nostrano, il Tai Rosso, pronto per sorprendere in termini di eleganza e longevità anche i wine lovers più navigati. A questo si uniscono altri vitigni che qui si esprimono egregiamente, agevolando un lavoro di ensamble dove ogni “elemento” fa la sua parte per un successo tangibile non solo in Italia ma anche all’estero. A questo punto viene da chiederci se i Colli Berici possono diventare un centro d’eccellenza a misura di calice? Certo, le carte in regola ci sono tutte ed ecco quali sono.

Non chiamatelo solo terreno vulcanico

Il territorio berico si distingue per la sua biodiversità, boschi, uliveti e lunghe distese di vigne di Tai Rosso, Cabernet e Garganega. Si tratta di una terra generosa da una storia antica che va ben oltre il classico “terreno vulcanico” e si arricchisce di complessità. Certo, i vulcani ci sono stati ma a caratterizzare la terra ci pensa un mare antico, ricordi di barriera corallina nella parte occidentale, mentre nell’orientale non mancano doline e suoli calcarei, ottimi per i vini rossi forzuti.

A dimostrare che proprio da qui possono nascere eccellenze viticole è l’azienda Inama che ha scommesso sui Berici puntando su cavalli vincenti come Carmenere, Merlot e Cabernet, ripetendosi che se i colli hanno la stessa latitudine di Bordeaux qualcosa vorrà pur dire. Ma il risultato qual è? Un progetto non più embrionale ma una certezza per il mercato alla ricerca di rossi di grande struttura ed eleganza. Dal Carmenere in purezza, orgoglio “rosso” dell’azienda, all’Oratorio San Lorenzo, etichetta che prende il nome proprio dalla contrada in cui ci sono le vigne destinate ai grandi rossi, Inama fa sul serio e parte alla conquista di un mercato alla ricerca di vini identitari e sempre meno “grassi” come li chiama Stefano Inama.

Anche la famiglia Cavazza da Selva di Montebello si sposta ad Alonte, presso l’antica Tenuta Cicogna, per i suoi rossi. 50 ettari di terra rossissima da dedicare a certezze e sperimentazioni vincenti che ancora oggi vanno avanti sotto il segno del Syrah. Una sorpresa per un vitigno che sembra essere così lontano dalla tradizione che ha saputo adattarsi perfettamente al clima e al territorio veneto. I risultati ottenuti hanno permesso all’azienda Cavazza di aprirsi una strada nuova nel mercato che va ben oltre la tradizione che profuma di Tai Rosso, rigorosamente giovane e che impegna la maggior parte della produzione aziendale. E del Tai Rosso invecchiato che se ne fa? Ad oggi sembra essere ancora un vino di nicchia con le sue 8000 bottiglie che intercettano un consumatore sempre più curioso, attento a un prodotto che ha “qualcosa da dire”.

Il Tai Rosso che sa evolvere

Da sempre il Tai Rosso in Veneto è come il nero, va bene su tutto. Dall’aperitivo al matching perfetto con il baccalà alla vicentina, nella sua versione giovane piace sempre ed è considerabile vino bandiera dei Colli Berici, di pronta beva e adatto proprio a tutti. A dimostrare che il Tai non è sinonimo di sola semplicità godereccia ci sono produttori ostinati, Veneti DOCG, che hanno visto delle potenzialità pazzesche nel clone del Cannonau sardo. Enrico Pegoraro è uno di questi. Nella sua azienda a Mossano eredita il lavoro della sua famiglia. Da sempre attento al rispetto della tradizione dai sistemi di allevamento a pergola delle vecchie vigne di 60 anni al rispetto di un regime biologico, lavora dal 1996 per un Tai diverso dal solito. Partendo dall’annata in corso fino ad arrivare al 2015, dimostra quanto questo vitigno sia in grado di dire ancora tanto se lavorato con pratiche enologiche non invasive e sottoposto ad affinamenti con i legni giusti. Per questo e altri motivi non chiamatelo solo “vino veloce” perché oltre il rosso rubino c’è di più.

I bordolesi senza tempo

Colli Berici è sinonimo di grandi bordolesi, dei Cabernet che hanno scritto e scrivono ancora la storia di questi luoghi. Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e un Merlot che trova qui un territorio perfetto per il suo sviluppo, sono i vitigni che rappresentano al meglio l’affinità con i francesi di Bordeaux. Da Barbarano fino a Costozza, la lingua che si parla, assieme a quella dei Tai e di qualche piccola variazione sul tema internazionale, è proprio questa.

I grandi bordolesi arrivano sui Colli Berici nel XIX secolo e storicamente in Villa Da Schio, nelle grandi grotte adibite a cantina veniva assemblato il Cabernet Franc con il Pinot Nero. Alvise Da Schio, uno dei precursori nell’etichettare il suo vino, ha seguito per anni la filosofia premiante di utilizzare vitigni che potessero abbracciare il gusto di consumatori “nobiliari” proprio come la famiglia. Oggi a Costozza a portare avanti una parte dell’eredità dei Da Schio è Andrea Mattiello che cura una parte dei vigneti di proprietà. Ad avere grande importanza, tra tutti i vitigni, è il Cabernet Sauvignon che per Andrea Mattiello perché segna l’inizio della sua carriera enologica nell’azienda di famiglia che fa vino da tre generazioni. Assaggiando il suo Colli Berici Doc imbottigliato da soli 10 anni si comprende quanta passione ci metta nel suo lavoro, il tutto riassumibile così “l’esame di coscienza di una carriera”. Da questa definizione partono i suoi progetti futuri animati dalla passione del voler fare vino che racconti la sua terra. Alla produzione prevalentemente rossa si presta anche la cantina storica di Piovene Porto Godi. A Toara di Villaga la cantina della famiglia Piovene produce ancora negli antichi locali dove si fa vino dal 1584. Seguendo la filosofia del biologico e del voler fare vino “artigianale” il prodotto che viene fuori è perfetto, avvolgente e racconta sempre un segreto, proprio come succede con le etichette che riprendono i nomi dei vigneti secondo la mappatura storica del luogo. La vita di Piovene Porto Godi si intreccia con i Cabernet sin dai primi esperimenti effettuati in tempi lontani e i risultati, assaggiando annate con più di 10 anni sulle spalle, sono stati raggiunti firmando vini senza tempo.

Speciale menzione per la Garganega

Colli Berici non vuol dire solo rossi ma anche bianchi forzuti. Tra i vitigni navigati come Pinot Bianco e Chardonnay, spicca la Garganega, un soldato che svolge egregiamente il suo lavoro sempre e comunque. Una certezza quando si parla di bianchi dei Berici, viene lavorata egregiamente da Domenico Chiesa di Fattoria Le Vegre, un artigiano del vino, di poche parole ma con idee ben chiare in testa: non fermarsi alla tradizione ma studiare, sperimentare e fare sempre meglio. Firmando le sue bottiglie di bianchi e rossi “mettendoci le mani” quelle che lavorano la terra tutti i giorni, vuole sigillare un vino che parla di una visione personale dei Colli Berici al 100%. Con le vigne di 80 anni di Garganega tira fuori dei veri capolavori che parlano di un mare antico datato solo 40 milioni di anni. Il resto è tutto da scoprire.

Il vino dei Colli Berici piace solo in Italia?

Secondo Nicola Dal Maso, quarta generazione dell’azienda Dal Maso che da Gambellara, 40 anni fa, ha deciso di investire sui Berici per realizzare rossi importanti da esportare. Prima il papà e ora lui con le sue sorelle, porta avanti il nome di famiglia. 22 sono gli ettari coltivati a Tai Rosso, Cabernet e Merlot, completamente a regime biologico, raccontano i berici non solo in Italia ma anche all’estero. La mission di Nicola è parlare di qualità, del brand e anche far quadrare i conti, come è giusto che sia. Per farlo adotta una strategia vincente: non aspettare ma agire, quindi prendendo aerei, parlando con gli importatori e intercettando il consumatore estero innamorato dei grandi rossi. A uscire fuori dai confini nazionali è un 70% dei rossi prodotti, quindi raffinati e profumati Merlot, Cabernet e Tai Rosso. Dagli Stati Uniti all’America Latina, passando dall’Europa e arrivando fino in estremo Oriente, il brand Dal Maso e i vini dei Colli Berici riscuotono grande successo. In Cina dove c’è ancora grande interesse per il made in Italy, nonostante le ultime vicissitudini politiche, si trova lo store monomarca Dal Maso di Shangai che fa sentire la sua voce. Risultati importanti a dimostrazione di un dato fondamentale: i Colli Berici non finiscono a Vicenza.

Quale futuro per i vini dei Colli Berici?

Il futuro dei Colli non si scriverà da solo, ma un ottimo lavoro di cooperazione finalizzato alla realizzazione di obiettivi comuni è l’unica via. Nuovi progetti, come la rivalutazione del sistema di allevamento a pergola tradizionale, si innestano su idee innovative che non parlano solo la lingua italiana e renderanno il lavoro dei produttori sempre più elevato qualitativamente e orientato a far valere le proprie ragioni in un mercato dove il terroir è il vero marchio di fabbrica.


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