A conclusione della seconda edizione di “Oltrepò Terra di Pinot Nero” si tracciano le linee guida che renderanno il panorama viticolo della zona ancora più variegato. Anche se la trazione è decisamente a “bollicine” non mancano interessanti espressioni di Pinot Nero in nero, altra faccia dell’Oltrepò Pavese, pezzo di un racconto che va ben oltre “i vini di pianura”.
Non è solo tempo di bilanci ma di slanci verso il futuro. Questo è lo spirito dei 34 produttori di Pinot Nero che si sono ritrovati da Tenuta Pegazzera con spumanti e vini fermi, ovviamente senza dimenticare buone idee e propositi. Con la voglia di volersi riprendere un ruolo importante nel mercato viticolo nazionale che racconta i “vini importanti” mettono a punto una strategia che rende, anche i rossi, prodotti vincenti to be. Ecco gli ingredienti per il calice di successo.
Un po’ di numeri
Il metodo classico in Oltrepò resta sempre certezza e conferma, a dirlo sono gli assaggi che raccontano quanto i produttori si stiano dilettando per offrire sul mercato un prodotto altamente identificativo, senza dimenticare la difficoltà del lavoro in vigna che cambiamenti climatici e gestione economica sempre più elevata comporta. Tra Blanc de Noir e Cruasè ragionati, con soste sui lieviti decisamente fuori dall’ordinario, l’Oltrepò Pavese Metodo Classico DOCG nel 2021 ha toccato numeri esaltanti. Su 21523 tavole si è brindato con spumante d’Oltrepò, di cui 100000 circa solo con il Cruasè. Un consumatore sempre più consapevole sceglie le bollicine italiane che parlano di un territorio, raccontano storie di tradizioni antiche e rispondono ai canoni di qualità elevati. I numeri danno una tendenza positiva +23% rispetto al precedente anno che, al netto della pandemia da Covid, traccia un certo progresso sul mercato. A confermarlo è Carlo Veronese, Direttore del Consorzio Tutela Vini Oltrepò Pavese.
E del Pinot Nero in Nero che si dice? Anche in questo caso la tendenza è in crescita, nel 2021 è di circa 326000 bottiglie prodotte. Buone notizie per una tradizione che in Oltrepò, negli ultimi 20 anni, si sta coltivando sempre di più e sta portando, in termini di qualità, buoni risultati. Per questa ragione si è ritenuto necessario focalizzare l’attenzione su un prodotto che vuole sapersi destreggiare in un mercato dove si richiede un prodotto competitivo e non si sta parlando solo di prezzo.
Non chiamateli solo vini di pianura
13000 ettari di territorio vitato con 3000 coltivati solo ed esclusivamente a Pinot Nero, vitigno simbolo di questa terra. Una storia antica che si perde tra le innumerevoli tenute storiche, oggi sede di cantine e wine resort da far girare la testa. Una sorta di rivalutazione territoriale che si smarca dalla classica etichetta di “campagna di Milano” ma si impone come luogo forzuto, capace di dire la sua dal punto di vista dell’enogastronomia, perfetto volano per il turismo di successo.
E se la Pianura Padana si impone al primo sguardo, nebbia compresa, basta guardare con attenzione oltre la coltre per scoprire colline coltivate a Pinot Nero, qui è dove si gioca la vera partita del vino d’Oltrepò. In media 400 metri sul livello del mare al massimo, suoli di calcare, gesso, argille fino ad arrivare a terreni disciolti. E se il terroir, si sa, è una panacea per gli spumanti, sempre più raffinati since 1861, per il fermo si apre uno spiraglio di eccellenza ancora tutta da esplorare. Scopo dei produttori è riscoprire una tradizione quasi centenaria fatta di Pinot Nero in nero, abbandonata per un bel po’ per cavalcare l’onda delle bolle.
Questo è il tema della masterclass che Filippo Bartolotta, wine educator, ha condotto e ha offerto uno spaccato di storia viticola e degustativa interessante. 9 vini, dai più giovani ai più agee, 9 espressioni differenti di pinot nero che dimostrano come questa terra, quando si parla di vinificazione in rosso, ha una storia ancora tutta da scrivere e non bastano 20 anni per trovare una linea comune, probabilmente ce ne vorranno almeno altri per poter ragionare su un prodotto maggiormente identificativo della terra pavese. L’evoluzione e il ripensamento del prodotto non spaventa i produttori, al contrario lo vedono come un mantra da seguire in cantina, forti della pazienza contadina che scandisce i tempi di un lavoro complesso. Sono questi gli elementi utili per scrivere un’altra pagina di successi nell’ideale libro dei vini di Oltrepò.
Progetti per il futuro
E se il futuro, ancora una volta, è scritto nel concetto di terroir, allora l’Oltrepò Pavese ha tutte le carte in regola per farsi notare ancora di più. Le bollicine come volàno posizionano questa terra tra i giganti degli spumanti Made in Italy assieme a Franciacorta e Trentodoc, complici per nobiltà della tradizione che nulla invidia alla Francia dello Champagne. Ma ciò che non manca, forse la vera forza propulsiva, è il gioco di squadra, ingrediente fondamentale per una ricetta di successo che aspetta solo di essere preparata e vede tra tutti anche il Pinot Nero in nero.
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